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Il contratto di cessione e di licenza del marchio: un percorso di valorizzazione e di massimizzazione degli asset immateriali e del capitale intellettuale.

In un mondo dove ogni giorno un prodotto entra nel mercato e aumenta la concorrenza, il marchio è lo strumento che consente alle aziende di distinguere i propri prodotti/servizi da quelli di aziende competitor, oltre a stabilire un rapporto tra la medesima e il cliente.

Possedere un proprio marchio d’impresa è una prerogativa fondamentale per chi vuole rendersi competitivo sul mercato, trattandosi di uno strumento che permette di identificare con immediatezza l’azienda, il servizio o il prodotto.

La registrazione del marchio è necessaria, da una parte per la tutela del marchio in sé, come autonomo bene immateriale, dall’altra  per evitare che possa  essere impiegato da terzi ( c.d abusi e contraffazioni) e quindi perdere il proprio carattere distintivo.

L’importanza della registrazione del marchio insieme a tutti gli  altri strumenti che costituiscono il patrimonio della c.d. proprietà intellettuale (es.  brevetti, disciplinari, copyright, diritto di autore) si rinviene nel fatto che  in assenza di una tutela in tale senso si tornerebbe indietro nel tempo a quando Leonardo da Vinci secretava le sue invenzioni con un codice segreto di cui lui solo conosceva la chiave d’accesso, o all’epoca dei vetrai di Murano, che non potevano allontanarsi dall’isola per il timore della divulgazione della tecnica di lavorazione del vetro.

L’evoluzione della storia della proprietà intellettuale ci insegna, appunto, che senza alcun istituto a tutela della proprietà intellettuale, si verificherebbe un arretramento e una involuzione della società, impedendone il progresso e la crescita economica.

Il marchio ha acquistato oggi un valore maggiore del prodotto su cui è apposto ed è in grado di orientare le scelte del consumatore, in forza della capacità di quest’ultimo di indurre la clientela al consumo sulla base dei messaggi e dei richiami in esso contenuti.

Lo sfruttamento del marchio registrato può avvenire in forma di monopolio per l’azienda al fine di identificare i propri prodotti, ovvero, essere oggetto di cessione o concesso in licenza, contratti che sono fondamentali per la massimizzazione del valore dell’asset immateriale dell’azienda.

Le cessioni e le licenze di un marchio, nella maggioranza dei casi, sono contratti conclusi a titolo oneroso, ossia dietro pagamento di un corrispettivo.

Complessivamente la circolazione del marchio rappresenta una fonte di reddito per i suoi titolari, rappresentato dalle royalties.

Cosa prevede la legge italiana in tema di licenze e cessioni del marchio?

L’art 23,  del Codice Italiano della Proprietà Industriale (CPI) stabilisce che:

“ Il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato. Il marchio può essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalità o per parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o per parte del territorio dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari. ”

Contrariamente a quanto accadeva sotto la precedente normativa, oggi il marchio può essere ceduto senza alcun conseguente obbligo di trasferimento dell’azienda o di un ramo di azienda,  a conferma  che ormai il marchio è un bene autonomo a tutti gli effetti.

L’unico legame fra marchio e azienda si può ritrova sfogliando il nostro codice civile,  all’articolo 2573, secondo comma, secondo cui il marchio costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata si presume trasferito assieme all’azienda. Si tratta, però, come si evince dal tenore letterale del suddetto articolo appunto di una presunzione e non di un obbligo.

 Quali sono i principali contratti attraverso cui è possibile trasferire il proprio marchio?

I due contratti di maggior rilievo sono : il  contratto di licenza e quello di cessione.

Con il contratto di licenza il titolare del marchio (il concedente) autorizza un terzo soggetto (il licenziatario) ad utilizzare il proprio marchio. In questo caso  la proprietà del marchio rimane del concedente, il licenziatario potrà solo utilizzarlo, senza divenirne  proprietario.

Quali sono le caratteristiche del contratto di licenza ?

a) La licenza di marchio può essere a titolo esclusivo o non esclusivo: nel primo caso, il licenziatario sarà l’unico soggetto a poter utilizzare quel determinato marchio, nel secondo caso, vi saranno più soggetti ai quali il titolare del marchio può concederne l’uso.

b) La licenza può essere estesa per tutto il territorio nazionale, oppure solo per  una parte di esso.

 In caso di trasferimento non esclusivo o limitato ad una sola parte del territorio, il sopra richiamato art. 23 prevede espressamente che il licenziatario debba obbligarsi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari.

Ciò significa, che qualora più soggetti utilizzino su licenza un determinato  marchio, questi  debbono commercializzare  prodotti che abbiano qualità e caratteristiche identiche a quei prodotti commercializzati dal titolare del marchio o da altro licenziatario.

Pertanto, nel caso di concessione di una licenza non esclusiva, lo stesso prodotto, seppure proveniente da più imprese, deve presentare le medesime qualità.

Dovrà, dunque, essere prevista una clausola con cui al titolare del marchio venga riconosciuto il potere di controllare e dirigere l’attività (produttiva, commerciale, distributiva ecc.) del licenziatario, allo scopo di ottenere una uniformità di tutte le produzioni poste in essere dai singoli licenziatari.

Quali tutele sono riconosciute al titolare del marchio oggetto di licenza ?

L’art. 23 prevede inoltre che se il licenziatario non rispetta le disposizioni del contratto di licenza (fra cui quelle relative alla natura e qualità dei prodotti per i quali la licenza è stata concessa), il titolare del marchio potrà far valere nei confronti di questi il proprio diritto all’uso esclusivo del marchio.

Nel caso in questione il titolare del marchio potrà agire contro il licenziatario che non rispetta il contratto di licenza come se questo fosse un contraffattore del marchio, e di conseguenza potrà ottenere dal Tribunale l’inibitoria all’uso dello stesso, il risarcimento dei danni, ed in generale tutti quei provvedimenti, anche cautelari, che l’ordinamento mette a disposizione del titolare del marchio nei confronti dei contraffattori.

Con il contratto di cessione il titolare del marchio trasferisce ad un terzo soggetto (il cessionario) la titolarità (cioè la proprietà) del marchio.

Il marchio viene dunque trasferito, in via esclusiva e definitiva, al cessionario che ne diverrà il nuovo ed unico titolare/proprietario.

Come per la licenza anche in caso di cessione, il trasferimento può avvenire per la totalità o per un parte dei prodotti per i quali il marchio è stato registrato.

Quindi qual è la differenza tra contratto di cessione e di licenza ?

La differenza sostanziale è che con la cessione si cede la proprietà, mentre con la licenza si mantiene la titolarità del marchio e si cede solo la possibilità di farne uso.

Quali sono i limiti al trasferimento del marchio ?

L’art 14, 2 a) del Codice della Proprietà Industriale, secondo cui: “il marchio di impresa decade se sia divenuto idoneo ad ingannare il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo e del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è registrato”.

Quello che emerge leggendo il testo di questo articolo è l’esistenza di un limite che attiene proprio  alla veridicità del marchio e alla salvaguardia del pubblico, che non deve essere in alcun modo tratto in inganno a seguito del trasferimento di titolarità.

Alla luce di quanto sopra esposto si può quindi capire l’importanza della stesura e della negoziazione di un valido contratto di cessione o licenza del marchio, non solo da un punto di vista economico e patrimoniale, ma anche e soprattutto in termini di prestigio, valore attrattivo, diffusione e massimizzazione del proprio bene immateriale. Le Avvocate Annamaria Del Chicca e Francesca Anedda assistono le aziende che scelgono di concludere questi tipi di contratti, lavorando insieme a loro nella predisposizione e costruzione del contratto che meglio soddisfi le loro specifiche esigenze. Preliminarmente è necessario  effettuare una ricerca sulla validità del titolo, ovvero se il marchio da trasferire sia simile ad alcuno già registrato od, addirittura, già registrato da terzi. A verifica conclusa positivamente, e una volta stipulato il contratto di licenza o cessione, infine,  le Avvocate accompagneranno le aziende a  trascrivere i relativi contratti presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, allo scopo di rendere opponibile ai terzi il trasferimento stesso.

Avv. Annamaria Del Chicca e Avv. Francesca Anedda

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