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I matrimoni misti

Intervento conclusivo dell’Avv. Maria Pia Lessi al convegno dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia  del 12.03.2011 a Collesalvetti (Livorno) sul tema “ I matrimoni misti”

Per affrontare il tema dei matrimoni misti penso opportuno premettere alcuni dati statistici e sociologici che ci consentono di comprendere l’ampiezza e complessita’ del tema.
Il fenomeno dei matrimoni tra italiane\i e stranieri\e (cd. matrimonio misto) riguarda in assoluto il 14% del totale delle unioni matrimoniali in Italia al 2009, secondo i dati dell’Osservatorio su matrimoni misti in Italia elaborato dalla Societa’ Money Gram su dati del Dossier Statistico 2009 di Caritas Migrantes.
Un matrimonio su 7, quindi coinvolge un cittadino di altro paese, (solo il 20% e’ di donne italiane che sposano uomini stranieri) ; i matrimoni misti, in crescita del 9,5% annuo, presentano nel 59,1% del totale lo sposo italiano e la sposa straniera, per lo piu’ provenienti dall’Europa centro orientale (59%), latinoamericane (25% circa), mentre le unioni con donne dell’Africa Settentrionale si attestano sull’ 8% e il 6% con le asiatiche (in primis filippine).
Le italiane preferiscono invece africani (40,7%) o sud americani (17,4%).
Da rilevare che nella meta’ dei casi l’uomo ha almeno 10 anni piu’ della moglie straniera come il il 15% delle italiane che sposa uno straniero.
Dall’Istat apprendiamo che considerando il livello di istruzione, nella coppia formata da sposo italiano e sposa straniera il 47% dei coniugi ha lo stesso livello di istruzione, mentre nel 67% delle coppie l’istruzione dello sposo e’ pari o superiore a quella della sposa (questa proporzione raggiunge il 75% nelle coppie di coniugi entrambi italiani).
In altri termini, le cittadine straniere che sposano un uomo italiano hanno un titolo di studio superiore a quello del coniuge piu’ spesso di quanto non accada nelle coppie di italiani e anche le spose italiane che scelgono un marito straniero, mostrano una maggiore preferenza per gli uomini con un titolo di studio piu’ elevato del loro (nell’83% dei matrimoni).
I matrimoni misti sono spesso secondi matrimoni, nel 36% dei casi se lo sposo e’ italiano e la sposa straniera, o nel 9% delle unioni se la sposa e’ italiana e lo sposo straniero.
Anche per il fatto di essere seconde unioni, i matrimoni misti sono spesso celebrati con il solo rito civile. Questo e’ vero nell’88% delle nozze in cui lo sposo e’ italiano e la sposa straniera e nel 79% delle unioni miste in cui la e’ la sposa ad essere italiana.
I casi in cui entrambi gli sposi sono stranieri costituiscono ancora una minoranza (il 5% dei matrimoni totali) e si dimezzano ( circa 6 mila matrimoni, il 2,6% del totale delle celebrazioni del 2008) se si considerano solo quelli in cui almeno uno dei due sposi e’ residente in Italia. Dal rapporto Istat emerge tra l’altro che l’Italia esercita un’attrazione per numerosi cittadini provenienti soprattutto da paesi a sviluppo avanzato che scelgono proprio l’Italia come luogo di celebrazione delle nozze ( vedi link e tabella allegati).
Interessanti le osservazioni della sociologa Chiara Saraceno che riconosce la complessita’ del problema (confr. www.questotrentino.it/2007/21/matrimoni_misti.htm)
“Certamente queste coppie hanno un conflitto potenziale e devono fare un ‘‘lavoro transculturale’’ continuo. Inoltre hanno bisogno di molta comprensione e sostegno da parte delle reti sociali. Le diversità vengono a galla nell’educazione dei figli ed in ogni fase del loro sviluppo, perché ci si trova di fronte a modelli di socializzazione diversi. Le differenze religiose, in particolare, richiedono un certo riconoscimento in presenza di prole. Nel caso dei matrimoni islamico-cristiani, ma anche cattolico- ebreo o cattolico-protestante, la coppia può mettere in atto tre modelli. Ad esempio, ci può essere una bassa identificazione dei coniugi con le proprie diversità. In questo caso entrambi mettono in sordina la propria appartenenza religiosa. Oppure il credo è molto forte solo in un partner, perciò il coniuge più ‘‘debole’’ lascia gestire all’altro l’’orientamento religioso dei figli. Infine, c’è la coppia che richiede maggior negoziazione, quella in cui entrambi i coniugi hanno una forte appartenenza religiosa.”
“Gli uomini – chiarisce Saraceno – in generale pescano nei mercati matrimoniali di tutti gli altri gruppi. Ciò è possibile perché essi si trovano in un ruolo forte: hanno più risorse di genere, potere e posizione sociale. Non dimentichiamo poi che l’’età e la bellezza sono due fattori che incidono meno per loro.
Spesso i maschi vanno a cercare le donne in gruppi più deboli e quindi con meno potere contrattuale. In tal modo le straniere sono disponibili ad accettare un rapporto diverso da quello che i maschi potrebbero instaurare con le autoctone. Inoltre la straniera, lontana dalla rete famigliare e sociale, è più dipendente dal marito.
Molti uomini guardano oltre confine alla ricerca di un modello femminile che in Italia non trovano: le brave mogli tradizionali o la sensualità delle latino-americane. Le nordafricane sono meno appetibili perché c’è un problema di razzismo. Certo, una quota di matrimoni ha motivi di convenienza, questo però succede anche in quelli omogamici, solo che nei misti è più evidente.
Può essere in ogni caso semplicistico dire che le donne italiane con lo straniero hanno rapporti più paritari. Ad esempio, quando le autoctone scelgono compagni che provengono da paesi poco sviluppati, ciò suggerisce che si tratti di donne che, per età o aspetti personali, sono in posizione debole sul mercato locale e spendono la propria appartenenza ad un gruppo dominante come risorsa nel mercato matrimoniale oltre confine”
Per chi come noi si occupa di diritto, il riferimento normativo e’ l’art. 116 c.c. che la L. 15/07/2009 n. 94 (cd pacchetto sicurezza) ha modificato aggiungendo alla previsione che gli stranieri possono sposarsi in Italia alle stesse condizioni di un italiano e previa esibizione di un nulla osta del paese di origine secondo le leggi di tale luogo, l’obbligo di presentare documento attestante la regolarita’ del soggiorno.
Tale norma ha suscitato molte discussioni perche’ da parte di autorevole dottrina si e’ osservato che per affrontare il problema dei matrimoni fittizi, cioe’ celebrati al solo fine di ottenere il permesso di soggiorno, si e’ violato il diritto di sposarsi che costituisce diritto fondamentale della persona riconosciuta sia dalla Costituzione Italiana che dalle Corti Internazionali.
Richiamo all’attenzione
– la Convenzione europea sui diritti dell’uomo: “Articolo 12 – Diritto al matrimonio. Uomini e donne, in eta’ matrimoniale, hanno il diritto di sposarsi”; – la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza) sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 7), a sposarsi (art. 9), a non essere discriminati (art. 12); – la Costituzione italiana: a) art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalitàà“; b) art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignita’ sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta’ e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana [……]”; c) art. 10, secondo comma: “La condizione giuridica dello straniero e’ regolata dalla legge in conformita’ delle norme e dei trattati internazionali“; d) art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societa’ naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio e’ ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare“;
La questione di costituzionalita’ e’ gia’ stata sollevata dal Giudice di Pace di Trento il 15/16 giungo 2010 che ha tra l’altro affermato:
“ che il diniego di esercizio del diritto a contrarre matrimonio in virtu’ del suo status di irregolare appare palesemente in contrasto con l’art. 29 co.1 della nostra Costituzione, strettamente connesso all’art. 2 in quanto i costituenti hanno inteso garantire all’individuo, indipendentemente dal requisito della cittadinanza, l’esercizio di questo diritto umano fondamentale”
e
“ che la mancanza in capo allo straniero di un titolo per soggiornare in Italia non puo’ impedire il libero esercizio del suo diritto di contrarre matrimonio in quanto:
a- il diritto di contrarre matrimonio e’ diritto fondamentale dell’individuo, non solo del cittadino, ed e’ tutelato dall’art. 29 della nostra Costituzione e limitazioni e compressioni di questo diritto fondamentale possono essere previste dalla legge solo a salvaguardia dell’unita’ familiare o dell’ordine pubblico;
b- il matrimonio con clandestino o tra clandestini non e’ in astratto contrario all’ordine pubblico, ma risponde alla funzione di unita’ familiare tutelata dalla Costituzione;
c- in base al generale principio “ad impossibilia nemo tenetur” il rifiuto di esibire il titolo di soggiorno non e’ contrario all’ordine pubblico se giustificato dal fatto che lo straniero ne e’ privo”
e
“ che risulta dubbia la leggittimita’ costituzionale delle citate disposizioni di legge cosi’ come riformate dalla L. 94/2009 in quanto tali norme sembrano suscettibili di determinare un’ingerenza sul diritto a formare una famiglia, diritto annoverato tra i diritti fondamentali della persona umana, come sancito dalle stesse Convenzioni Internazionali (artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) e come tale spettante a tutte le persone presenti sul territorio italiano, indipendentemente dalla loro nazionalità”
e
“ che l’art. 10 bis del D.Lgs. 286/98, l’art. 6 co. 1-3 del D.Lgs. 286/98 e la nuova disposizione contenuta nell’art. 116 c.c. si pongono in aperto contrasto non solo dei citati artt. 2, 3 e 29 della Costituzione, ma anche con le disposizioni di cui all’artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che affermano e tutelano la liberta’ di contrarre matrimonio e costituire una famiglia tra persone adulte di sesso diverso.”
e
“ che l’art. 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo stabilisce infatti che “ uomini e donne in eta’ adatta hanno diritto si sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto”
e
“ che l’art. 8 co. 2 della stessa Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo pone precisi limiti all’ingerenza da parte dello stato nell’esercizio di tale diritto stabilendo che non puo’ esservi ingerenza della Pubblica Autorita’ nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una societa’ democratica, e’ necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del Paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle liberta’ altrui”;
Il richiamo alla normativa appare di assoluta correttezza se si considera la recente sentenza 14,12,2010 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strausburgo che ha giudicato violati gli art. 12 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di liberta’ matrimoniale e principio di non discriminazione dalla normativa del Regno Unito in materia di capacita’ matrimoniale dei cittadini stranieri.
Il caso e’ noto.
Per contrastare i matrimoni di comodo la normativa del 2005 del Regno Unito prevedeva che il cittadino straniero per contrarre matrimonio nel Regno Unito doveva richiedere al Ministero dell’Interno un’apposita autorizzazione, versando una tassa pari a 295 sterline ed, in ogni caso, doveva aver fatto ingresso regolare nel Regno Unito e avere ottenuto un autorizzazione di soggiorno della durata di almeno sei mesi, nonché al momento della richiesta, tale autorizzazione di soggiorno non doveva venire in scadenza entro i tre mesi successivi.
Gli stranieri che contraevano matrimonio secondo il rito della Chiesa Anglicana erano esonerati da tale norma.
Le disposizioni erano state ampliate con la possibilita’ di documentare “ la genuinita’” del matrimonio.
Tuttavia la Corte ha rilevato che le disposizioni del Regno Unito sancivano una proibizione assoluta ed inderogabile del matrimonio per il cittadino straniero in posizione irregolare o che aveva fatto ingresso irregolare nel Paese (in special modo dunque i richiedenti asilo) ovvero in possesso di un permesso di soggiorno di prossima scadenza, a prescindere da qualsivoglia valutazione ed indagine sulla genuinità o buona fede del matrimonio. Secondo la Corte, dunque, tale presunzione assoluta di “mala fede” del matrimonio dello straniero in condizione irregolare o in possesso di un permesso di soggiorno di breve durata, con conseguente automatica ed indiscriminata restrizione del diritto alla capacità matrimoniale, è in contrasto con la Convenzione europea in quanto va al di là della dottrina del margine di apprezzamento concesso agli Stati.
Viola la Convenzione a parere della Corte anche prevedere una tariffa di 295 sterline a fronte delle 100 circa dei matrimoni ordinari e l’esibizione per i riti anglicani , che costituisce discriminazione religiosa.
Preme ricordare che in dottrina (confr. Pavone-Faraon “ Il matrimonio del clandestino e l’espressione in Altalex 22.02.2011) e’ stato rilevato come il limite per il matrimonio dello straniero\a si traduce in privazione di diritto per l’italiano\a che sceglie di formare una famiglia con partner nato altrove.
Gli spunti di riflessione che nascono dall’analisi del problema sono diversi e complessi: l’immigrazione e la globalizzazione appaiono fenomeni epocali, in cui l’eccezione e’ data dalle comunita’ chiuse (si pensi che l’84% dei cinesi si sposano tra loro…) perche’ l’intercultura e inter-azione si affermano nella vita e nel quotidiano.
Anche nelle nostre esperienze giurisprudenziali compaiono sempre piu’ di frequente coppie “ miste” che si separano consensualmente, con affido condiviso dei figli e assunzione di responsabilita’ genitoriali con le stesse problematiche delle coppie italiane.
Mi sembra importante riferire quanto ha ricordato l’Avv. Borghi, rappresentante dell’Ordine degli Avvocati di Livorno e autorevole esponente della comunita’ ebraica, in apertura di questo incontro:
“ La cultura giuridica italiana, formatasi sui valori costituzionali, ha ben chiara la memoria delle cd. Leggi razziali del 17,11,1938 che “ a difesa della razza italiana” consideravano proibito e nullo il matrimonio con appartenenti alla “ razza ebraica.”
Per questo, l’impegno professionale ma ancor prima culturale ed etico di ciascuno di noi, e’ trarre insegnamento da questa memoria perche’ l’orrore non si ripeta e non si ricada , per citare Hanna Arendt, nella “ banalita’ del male” http://demo.istat.it/altridati/matrimoni/2008/tav3_3.pdf

http://demo.istat.it/altridati/matrimoni/2008/tav3_4.pdf
http://demo.istat.it/altridati/matrimoni/2008/tav3_5.pdf
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