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Differenza e libertà nel lavoro

Stamani ci siamo alzate piu’ presto del solito.

Antonella ieri sera ha lasciato Leonardo a dormire dalla nonna, perche’ stamani lo accompagni lei alla scuola materna.

Ma abbiamo voluto essere a Roma alla riunione degli Uffici Vertenze CGIL sul collegato lavoro che il 24.11 p.v. entra in vigore nel silenzio generale.

Ci siamo trovate in tante\i da tutta Italia, a confrontarci, riflettere e provare a reagire, ( le\gli avvocati in sede giudiziaria anche sollevando questioni di costituzionalita’, le\i sindacalisti per organizzare le campagne di informazione, insieme per raccogliere le impugnazioni di tutti i contratti temporanei irregolari entro il 24.01.2011)

Perche’ questa legge ” brucia diritti” non solo prevede l’arbitrato al posto del giudizio davanti al Giudice del Lavoro, la certificazione di contratti che violano diritti, l’apprendistato a 1 5 anni, limita i part-time e i permessi di cura per familiari disabili, e altri “mostri”, ma limita a 60 giorni dal 24 novembre il periodo in cui e’ possibile impugnare un contratto temporaneo (a termine, a progetto di collaborazione, co-co-pro, occasionale, a “partita iva” e di tutte le altre figure del variegato mondo precario).

E la scadenza di 60 giorni e’ anche per i contratti terminati negli ultimi anni, per i quali il termine di impugnativa era di 5 anni dalla data di chiusura.

Abbiamo condiviso la consapevolezza di un’ingiustizia pesantissima che si abbatte sui soggetti che piu’ hanno bisogno di lavoro (giovani, immigrati con la concessione di permessi di soggiorno…) e che come tutte le leggi che limitano la liberta’ e’ piu’

lesiva che mai nei confronti delle donne (l’85% dei part-time…)

Abbiamo pero’ sentito un forte desiderio di reagire insieme ciascuna nel suo luogo di impegno.

Davanti ai nostri occhi le immagini delle tante\i ragazze\i a noi vicini nel momento piu’ acuto della crisi economica e sociale, con ottimi risultati scolastici, universita’, master e dottorati che non vedono riconosciute le proprie capacita’ per non parlare dei tantissimi che hanno avuto minori occasioni formative…!

E pensiamo che non e’ vero che per creare nuovi posti di lavoro si devono togliere diritti a chi li ha, che la difesa dei diritti danneggia le nuove generazioni, che la liberta’ per i giovani e’ non avere un lavoro fisso…

Ci sembra falso, orribilmente falso, questo far apparire in contrasto il desiderio di una vita piena e ricca col mantenimento dei diritti.

Ci aiuta ad uscire da questa trappola l’interpretazione che Lorenza Carlassare, Costituzionalista, da’ dell’art. 4 della Costituzione, quando afferma:

” Per la Corte costituzionale (sentenza n.61 del 1965) dall’art.4 si ricava che il diritto al lavoro è un “fondamentale diritto di libertà della persona umana che si estrinseca nella scelta e nel modo di esercizio dell’’attività lavorativa”. E ciò comporta, per quanto riguarda lo Stato, da una parte il divieto di creare o lasciar sussistere norme che pongano limiti discriminatori a tale libertà o la rinneghino; dall’’altra l’’obbligo “di indirizzare l’attività dei pubblici poteri……alla creazione di condizioni economiche, sociali e giuridiche che consentano l’’impiego di tutti i cittadini idonei al lavoro”. Un obbligo giuridico che dovrebbe concretarsi in una politica di sviluppo economico indirizzata alla creazione di posti di lavoro, in una politica in grado di determinare “una situazione di fatto tale da aprire concretamente alla generalità dei cittadini la possibilità di procurarsi un posto di lavoro ” , ha detto ancora la Corte costituzionale ( sent. n. 105 del 1963). Il lavoro dunque oltre che un diritto sociale che comporta per lo Stato l’’obbligo di intervenire nel mercato del lavoro, è una libertà individuale in cui rientra la scelta dell’’attività lavorativa e si concretizza nella libertà di accesso al lavoro, nella pretesa a che le offerte di lavoro siano aperte a tutti in modo eguale, senza discriminazioni che non siano quelle derivanti dalla capacità e/o dalla preparazione specifica richiesta dal tipo di attività. T utti siamo interessati: “lavoro di tutti, non solo manuale, ma in ogni sua forma di espressione umana””, fu subito chiarito. Il lavoro si esplica non soltanto nelle sue forme materiali “ma anche in quelle spirituali e morali che contribuiscono allo sviluppo della società”

e ci torna in mente la vignetta di Staino in cui al giovane che afferma ” voglio sicurezza sul lavoro” il datore di lavoro risponde ” Non mi faccia il dogmatico, giovanotto. Non lo sa che la nostra e’ l’epoca del dubbio?”……..

E pensiamo a come anche le parole rischiano di essere ” rubate”.

Come se la sicurezza fosse difendersi dagli extracomunitari o dai rom e parlare di sicurezza sul lavoro o in generale di sicurezza sociale fosse dogmatismo…..

Chiunque si occupa di diritto del lavoro ha ben chiaro che il rapporto tra chi presta lavoro e chi fruisce del lavoro e’ sbilanciato, che la parita’ e’ assolutamente falsa perche’, come diceva nel vecchio testo classico Santoro Passarelli ” Il contratto di lavoro riguarda l’avere per l’imprenditore, ma l’essere per il lavoratore”…. ( per una lavoratrice poi “l’essere” e’ ancora piu’ forte e significativo perche’ siamo differenti nella disparita’…..)

Ci chiediamo se e’ un caso che l’Ufficio Vertenze CGIL da oltre 30 anni sia gestito da donne (prima Luana Orsi, da quanto Luana e’ in pensione, Antonella che con lei si e’ formata ed da operatrice e’ diventata responsabile, un ruolo che non si improvvisa……)

Non e’ stato un caso.

Si sa che gli uomini previlegiano i ruoli politici, ma nel nostro caso siamo cresciute professionalmente in un ambiente “di sole donne” e questo e’ stato un elemento essenziale per noi, per acquisire autostima, responsabilita’ e sicurezza.

Il linguaggio e il tipo di relazione anche informale tra noi, che insieme abbiamo attraversato momenti felici e pesanti delle nostre vite, con i figli, compagni piu’ o meno presenti, accompagnamento di anziani, ci consente un’intensita’ e profondita’ di rapporto che permea anche il lavoro.

Noi ai ” servizi”; abbiamo una diversa competenza; siamo piu’ vicine alla concretezza, riconosciamo meglio il valore di sostenere chi ha subito un’ingiustizia e vuole risolvere il problema.

E’ diversa la relazione di chi si rivolge all’Ufficio Vertenze.

Gli uomini credono di avere dei diritti, (il testo fondamentale della Libreria delle Donne di Milano “Non credere di avere dei diritti” e’ attuale piu’ che mai) nel conflitto di lavoro mettono in gioco i principi, le ambizioni, il ruolo sociale; le lavoratrici vedono messa in discussione la loro vita e quella dei loro cari, i tempi e le possibilita’ di scelta…..

Se per gli uomini il valore e’ la giustizia, per noi e’ la liberta’ ….

In questo senso il diritto ” sta stretto” alle donne; anche recentemente di fronte a un licenziamento collettivo di dipendenti a part-time, l’azienda che e’ subentrata ha richiesto la disponibilita’ al lavoro a tempo pieno.

Per molte lavoratrici e’ stata una scelta difficile perche’ in gioco, accanto al posto di lavoro e a un salario, prezioso piu’ di sempre in questo periodo di crisi, c’e’ l’organizzazione di una vita ricca e complicata, fatta di cura di figli, di famiglie monoparentali e\o allargate, di desiderio di tempo per se’…. e quindi il desiderio di ” potersi dare per meno tempo”…..

Poi si e’ trovata una soluzione, partendo proprio dalle situazioni particolari di ciascuna (la ragazza madre, la donna piu’ vicina alla pensione etc…)

Quello che da’ piu’ soddisfazione nel lavoro e’ che ci mettiamo in gioco ogni giorno perche’ oltre all’informazione e allo svolgimento delle procedure, ’ la relazione tra persone va oltre la tutela del diritto negato.

E la soddisfazione sta proprio in questa condivisione di considerare importante quello che e’ importante , considerare le stesse priorita’ , il valore e la qualita’ delle relazioni, la maternita’ l’indipendenza piu’ che il potere, la cura per se e per gli altri, i luoghi dove vivere, il tempo che non ha prezzo……

E allora il diritto negato diventa l’occasione di un percorso di crescita comune.

Ancora oggi, nonostante le giovani donne siano figlie di madri che hanno vissuto il femminismo e si sentono libere e sicure, nei casi di tutela di lavoratrici madri o dei permessi per attivita’ di cura, anche le donne di maggior esperienza o cultura, rischiano di sentirsi “inadeguate” e di colpevolizzarsi di non poter consegnare tutte se stesse alla misura maschile dell’organizzazione del lavoro.

In questi casi l’incontro con altre donne che danno il senso della generalita’ e politicita’ del problema aiuta la persona a non sentirsi problematica o peggio deviante rispetto alla norma maschile.

In ogni momento chi si rivolge a noi sa di essere trattato come una persona, donna o uomo, con una vita e desideri extra-aziendali e che e’ il mondo del lavoro che va cambiato, non noi…….

Treno Roma-Livorno 10.11.2010

Maria Pia Lessi Antonella Di Giambattista

avvocata sindacalista

Pubblicato su www.evelinademagistris.it

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