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Beni comuni: in Toscana e a Livorno

Il tema dei beni comuni attualmente è al centro di una discussione vivace e appassionata non solo fra gli studiosi del diritto, ma ha travalicato i confini accademici, coinvolgendo i singoli cittadini e cittadine che faticano a reperire soluzioni concrete ai problemi che la crisi economica quotidianamente pone. Come ci ricorda Maria Rosaria Marella, “i processi di privatizzazione imposti dal progressivo smantellamento dello stato sociale e delle politiche neoliberiste” hanno fatto sorgere da parte dei cittadini una più incisiva volontà di gestire direttamente, in base al principio di sussidiarietà orizzontale previsto dall’art 118 della nostra Costituzione, quei beni primari che sono connessi con l’esercizio dei diritti fondamentali. Così assistiamo al superamento delle tradizionali tecniche di rappresentanza e ad una sempre maggiore volontà ed aspirazione a forme collettive di democrazia diretta e partecipata.

Negli ultimi tempi il nostro ordinamento sembra dimostrare più cura e interesse per la tematica, grazie anche a numerosi interventi legislativi delle autonomie locali in materia. Queste misure hanno il merito di far emergere anche alcuni elementi innovativi ,tra cui spicca l’intento di voler coinvolgere in maniera decisa i cittadini e le cittadine nella partecipazione ad attività di ambito pubblico, in modo da incentivarne l’interesse verso i beni stessi e, allo stesso tempo, responsabilizzarlo maggiormente riguardo alla loro tutela e agli oneri di cui farsi capo.

In particolare la Regione Toscana si è brillantemente adoperata in tal senso negli ultimi anni, con una serie di interventi confluiti definitivamente nella legge regionale n. 71 del 24 Luglio del 2020(https://collabora.toscana.it/documents/2653136/2693124/pdl448_burt-1.pdf/dc508100-1b1b-cdb8-d339-f8f1f989834d?t=1596181372068 ) Come si può facilmente evincere dal testo legislativo, la norma mira a promuovere il principio di sussidiarietà, sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 118 permettendone l’attuazione attraverso la sussidiarietà sociale, in modo da favorire la partecipazione attiva e l’autonoma iniziativa di cittadini e loro aggregazioni ad attività di interesse generale .

La norma disciplina e incentiva, infatti, una continua collaborazione tra enti regionali, enti locali, associazioni private e coloro che vengono definiti “cittadini attivi”, dando a questi ultimi la possibilità di operare e collaborare per “avanzare proposte e assumere iniziative (..) rivolgere istanze, agli enti regionali ed agli enti locali, per segnalare omissioni o inerzie nell’esercizio dei poteri amministrativi sui beni comuni (…) mettere a disposizione beni di loro proprietà “ (Art. 5).

Lo scopo è quello di favorire la tutela e promuovere la rigenerazione del patrimonio territoriale regionale attraverso un’amministrazione condivisa, in particolar modo dei beni in stato di abbandono, facendo leva sulla già richiamata sussidiarietà sociale, sulla cooperazione fra i singoli cittadini e osservando al contempo i criteri di uguaglianza, inclusione, trasparenza e sostenibilità ambientale.

E così grazie ad una “rigenerazione dal basso” i cittadini e le cittadine riqualificano i beni togliendoli dallo stato di degrado iniziale e restituendoli alla comunità come luoghi fruibili per tutti e tutte.

Tra gli elementi innovativi precedentemente menzionati vi è sicuramente lo strumento richiamato nell’art. 8 denominato patto di collaborazione , ossia “l’accordo con il quale i cittadini attivi, i proprietari dei beni comuni e gli enti pubblici organizzano, in maniera cooperativa e senza fine di lucro, gli interessi relativi alle utilità generate dal bene comune, programmando e progettando insieme le attività di cura, gestione collaborativa e rigenerazione” . Non può inoltre lasciare indifferenti quanto previsto dall’art. 10, laddove l’opportunità di esenzioni o agevolazioni fiscali a favore dei cittadini più concretamente propositivi risulta essere sia un ulteriore strumento per incentivare la collettività alla partecipazione , stabilendo un vero e proprio riconoscimento economico ai cittadini stessi, ma anche un ulteriore indizio relativo all’impegno con cui la Regione intende oramai approcciarsi alla valorizzazione dei beni comuni.

In questo modo la gestione dei beni comuni diventa partecipata tra amministrazione pubbliche e cittadinanza attiva; la Pubblica Amministrazione ha il compito di coordinare e assicurare la fruizione dei beni, mentre la cittadinanza si fa promotrice dei reali interessi e bisogni della collettività, svolgendo così un ruolo attivo nella cura dei beni stessi.

La novità dei patti di collaborazione è senza dubbio il gioco di squadra e la sinergia tra ente pubblico e cittadini, riuscendo a giungere insieme alla risoluzione concreta dei problemi della società

Anche la nostra città di Livorno non si è fatta cogliere impreparata. Nel 2017 è stato infatti approvato dal Consiglio Regionale il “ Regolamento per l‘amministrazione condivisa dei beni comuni urbani” ,poi modificato e integrato definitivamente nel 2019. Il regolamento richiama infatti espressamente la definizione di “cittadini attivi”, oltre ad accogliere dalla legge precedentemente menzionata i patti di collaborazione – differenziando tra patti ordinari e complessi – come strumento volto al perseguimento di un’amministrazione condivisa dei beni comuni.

Naturalmente, questi interventi normativi hanno trovato un effettivo riscontro con iniziative concrete. Nel caso di Livorno, fra le varie iniziative portate a termine con successo si possono riportare i patti di collaborazione per la valorizzazione di luoghi caratteristici della città come le Terme del Corallo , o del Parco di Via Garzelli, devastato dall’alluvione del 2017. Oppure ancora il patto stipulato con l’associazione musicale Ensemble Bacchelli per diffondere e promuovere la musica come bene comune ed , infine, l’accordo stipulato con il Corpo Italiano di San Lazzaro – distretto Toscana per la cura del complesso monastico “la Madonna” , con lo scopo di incentivarne l’interesse turistico e agevolarne, attraverso la partecipazione di volontari, l’accesso delle persone con problemi di mobilità.

Sappiamo anche di altre iniziative in gestazione per altri punti importanti della nostra città.

E così tutte queste iniziative, frutto di collaborazione e sinergia tra Amministrazioni pubbliche e collettività hanno portato alla luce un modello nuovo di sviluppo locale e turistico, un modello che si basa sulla questione del legame sociale, quale elemento identificativo di una società che riscopre e valorizza il potenziale dello sviluppo umano.

In questo senso lo sviluppo sociale ed economico risultano strettamente legati; infatti più la collettività si prende cura dei beni comuni contribuendo altresì a migliorare la qualità della vita all’interno della propria comunità, più il valore del bene così riqualificato e recuperato aumenta, aumentando così anche il valore di acquisto di tutta l’area in cui il bene insiste.

Possiamo quindi affermare che questa attenzione al tema dei beni comuni può mettere in crisi l’ordinamento stesso di una società basata sul primato del mercato e sulla mercificazione dei beni, ma ripropone con forza la centralità della persona umana, vista come soggetto titolare di un nucleo di diritti inviolabili e garantiti dalla nostra Carta Costituzionale

Avv. Annamaria Del Chicca

Dott. Tommaso Franchi

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